Porco mondo

drammaturgia Francesca Macrì e Andrea Trapani
regia Francesca Macrì
con Aida Talliente e Andrea Trapani
disegno luci Luigi Biondi
produzione Biancofango – La Corte Ospitale – Officina1011
anno di produzione 2012

Un uomo. Una donna. Una coppia. Una stanza. Un mese. Dicembre. Una notte.
Quella di Natale.
La neve che tutto ricopre e tutto cancella. L’alba che coglie d’anticipo il buio, svela i desideri osceni, consuma i pensieri, stravolge gli animi, conduce al logoramento.
Eccoli. Gli sposi ribelli. Gli amanti stremati.
Eccoli. Il superstite e il boia. L’incontro degli opposti.
Nulla li soddisfa. Nulla li sazia.
Ma dove si scappa mentre ci si viene incontro?

Non hanno nomi quest’uomo e questa donna. Potrebbero chiamarsi in ogni modo. Nascondono, loro malgrado, nostro malgrado, qualche cosa di ancestrale, di atavico.
Non hanno nomi e mai ne avranno per tutto lo spettacolo quest’uomo e questa donna. A volte non basta più essere come si è. E per dire cose che, forse, altrimenti rimarrebbero serrate in gola, lei indossa, maldestramente, abiti da Marilyn Monroe.
Nessun nome, dunque, e, apparentemente, una casa che potrebbe essere ovunque. Ovunque, in questo porco mondo di periferie. Una finestra, come in un quadro di Hopper, divide gli spazi. Lì si guarda, lì si aspetta. Il luogo del vuoto e del sogno, della trepidazione e del silenzio. Del pensiero. Dentro, fuori. Fuori, dentro. Non si è mai veramente dove si è.
Gli occhi scorgono, oltre il vetro, una sopraelevata, i binari del tram e case, case, case. Case ovunque.
Ci sembra di vederle illuminate le finestre di queste case. Le luci di Natale confondono gli occhi. Caldo dentro e freddo fuori. E non si sa quanto sia vero l’uno e finto l’altro.
Chiusi in questa stanza-gabbia-tomba, questa Marilyn da quattro soldi celebra per il suo uomo la festa di Natale. Ha organizzato tutto o forse segue solo l’istinto di una notte. Una notte senza grazia. Non si sa.
Lui la segue perché non riuscirebbe a fare nient’altro.
La segue perché di questo porco mondo, di questa porca città, è il primo degli abitanti. E accecato da desideri e sensi di colpa che si mischiano a velocità inaudite, scopre, sulla sua pelle, che a volte amare significa divorare.
La carne è sangue, si dice. E il sangue dà alla testa, dà alla testa soprattutto alle spose baccanti che, senza tirso, in questo disfacimento di inizio nuovo millennio pensano che tante cose siano possibili, ma una sola necessaria. 
E, dunque, eccola, la baccante stremata, la bambola rotta, questa carne scempia alla ricerca di carne empia, trascinare quest’uomo giù, sempre più giù. E lui è lì e non è lì. È lì e vorrebbe essere altrove. È lì e pensa ad altro.

Noi, quando usciamo dal teatro, li immaginiamo al centro di quella stanza, senza porte, senza vie d’uscita. E davvero non si capisce chi sia più vivo e chi sia più morto.
Dopo tanto strepitare, finalmente, il silenzio. La neve scende. Nessuno sembra essersi accorto di niente. Noi li guardiamo, da lontano, e pensiamo: quanto è feroce, quanto è accecante la sensualità delle vite disperate.

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Prova d’intelligenza e maturità espressiva è Porco mondo di Biancofango, apologo sulla violenza dei desideri interiori di un uomo e una donna fino all’orrore della pedofilia. 
Anna Bandettini, la repubblica


I due attori sono veramente bravi. (…) Il malessere di cui Macrì-Trapani-Talliente sono interpreti è così diffuso ed è espresso in modo così ossessivo da lentamente condurre il teatro – che è una delle trincee disposte contro l’immateriale – ai confine dell’espressione di sè. Ciò si coglie, come tutti sanno, con intensità crescente nel fangoso (è l’aggettivo giusto) e bianco (ancora più giusto) mondo della rete. Possiamo essere toccati da quanto vediamo di quei giovani usciti dal “porco mondo”. 
Franco Cordelli, Corriere della Sera


Non è certo il presente che manca al teatro italiano, anzi a volte si ha quasi l’impressione che ce ne sia anche troppo. Lo si è visto di recente alla rassegna Teatri di Vetro, la vetrina del teatro indipendente che si svolge ogni anno al teatro Palladium di Roma: nel giro di neanche due serate, tre diversi spettacoli sembravano avere il potere di ricapitolare quelle che sono le poetiche ormai più consolidate della nostra scena. Di ricapitolarle senza esaurirle, ovviamente, ma soprattutto senza semplificarle. C’è un ritorno drammaturgico, ma, come ha dimostrato l’ultimo lavoro della compagnia Biancofango, Porco mondo, esso è indisgiungibile da una ricerca sull’espressività attoriale: se la parola torna, insomma, lo fa passando sotto le assi del palcoscenico e non sopra. (…)Tre spettacoli, tre compagnie, tre diversi modi di fare e di pensare il teatro che meriterebbero senz’altro di entrare in un futuro, se solo attorno a loro qualcuno lo stesse costruendo. 
Attilio Scarpellini, Quaderni del Teatro di Roma/Editoriale Estate


Siamo dunque nei confini di un espressionismo teatrale, lirico e insieme scabroso, di sensibile maturità artistica che, già ben delineatosi durante il lungo laboratorio preparatorio allo spettacolo, qui mira chiaramente alla smorfia caricaturale, alla parodia, all’esasperazione della situazione e dei caratteri. L’esito è – e non potrebbe essere altrimenti – una poesia dei contrari densa di dolori annodati dentro, di singhiozzi sopiti, di tentativi maldestri di piacersi (ancora), di desiderio (negato), di festa (la vicenda si svolge nella notte di Natale), di discorsi troppe volte rimandati. Una poesia dei contrari, a tratti persino comica, dove è proprio l’energia dei corpi a permettere che affiorino le parole o, come spesso capita, i silenzi. I due bravissimi interpreti parlano, infatti, anche quando tacciono. 
Laura Novelli, Paneacqua


In un crescendo di grottesco Porco mondo della giovane compagnia Biancofango evoca le marginalità metropolitane care a Danio Manfredini, ingobbite da una vita che scorre inesorabile. Bravissimi in scena Andrea Trapani e Aida Talliente diretti con mano sicura da Francesca Macrì. 
Andrea Porcheddu, Linkiesta

Spettacolo duro e vero, spaccato di una storia di coppia impantanata come tante in una normalità dai risvolti talmente inquietanti da arrivare in platea come uno schiaffo che fa male e fa pensare. Lunghi, meritatissimi e calorosi gli applausi finali. 
Mario Brandolin, Messaggero – Giornale del Friuli


Il lavoro che Francesca Macrì, Andrea Trapani e Aida Talliente fanno in Porco mondo, il nuovo spettacolo della compagnia Biancofango, è di un’esattezza che sfiora il mostruoso. Il bel testo si metamorfizza negli elementi di una scena minima, elettrica. (…) La mollezza della provincia si pianta di traverso negli angoli sporchi e dannati di questa casa abitata da due anime in pena. Come mosche, come cani randagi, come resti di esseri umani, quest’uomo e questa donna si umiliano nel ritmo greve delle ore che non passano mai. 
Katia Ippaso, Altri


(…) Ecco allora che la parte nera dell’anima, disposta a raccogliersi nelle ore che si vogliono a questo predisposte, annida nella solitudine tutto l’inquieto feroce affanno di un’esistenza insoddisfatta, si carica di un malessere sudato e dimesso che non lascia scampo alla disperazione. Di questo sentimento sfibrato si nutre il nuovo spettacolo di Biancofango che non grida, ma tiene sommessamente in gola l’urlo inghiottito, la bestemmia più volte repressa di questo Porco mondo. Uno spazio che a prima vista si direbbe semivuoto, è in realtà disseminato di addolorate frizioni che tra i due sono subito evidenti, con loro due sedie di cui si sente il freddo della seduta, la scomodità, così come il loro sudore passa sul corpo di chi vi assiste con sintomi di un morbo dilagante, avvertibile da chiunque abbia sperimentato l’estenuazione e il rimpianto. 
Simone Nebbia, TeatroeCritica


Porco mondo ci offre senza fronzoli un panorama desolante e asfittico, dove però questo maelstrom di sentimenti e dolore affoga anzichè nel nero, nel bianco. Bianchi sono i vestiti degli interpreti, bianche le sottovesti, bianca è la luce di scena ridotta all’osso che fa pensare a un mondo aperto, arioso e stride di conseguenza con il pozzo aperto dalle parole, dalle vicende umane. Bianco, insomma, è il fango, per parafrasare il nome di questa giovane compagnia  – ed è un nome-manifesto come è evidente anche dai loro precedenti lavori. (…) Grande è la forza scenica e l’energia di questi due attori straordinari, in grado di tenere viva questa materia rovente che, altrimenti, potrebbe facilmente risultare patetica. Ecco, il pathos. E il dramma. Porco mondo li recupera entrambi senza mai scivolare (ed era davvero difficile) in facili retoriche. Dimostrando com’è soprattutto il lavoro dell’attore a traghettare i fantasmi delle storie nel mondo vivo degli spettatori, a dargli corpo, e con il corpo, anima. 
Graziano Graziani, Quaderni del Teatro di Roma/Estate


I Biancofango da Roma si prendono i loro tempi. Non sfornano a nastro tutto ciò che gli passa per la testa. Ci pensano, elaborano, cesellano. In un percorso maturo che gioca sempre più con un “certo non so che” di teatro-danza, il corpo centrale quanto la parola (rarissimo: da proteggere come i panda), le influenze a sovrapporsi e intrecciarsi. E allora Mozart e la drum’n’bass, la citazione colta e Fabri Fibra (due volte), un grottesco gusto performativo e il tempo dei monologhi. (…) E poi la scrittura. Riconoscibilissima, d’intercalari e ripetizioni, più pensiero che dialogo, la reiterazione come forma estetica e semantica. (…) Porco mondo arriva. Eccome. E non solo per le mani ghiacciate d’ansia. Con autenticità da capogiro a tracciare una linea di ricerca fra gesto e drammaturgia, che meriterebbe maggiore attenzione. 
Diego Vincenti, Hystrio


Fuori il freddo di Natale, dentro il freddo del vuoto. È come sentire le crepe dei loro discorsi, il ruggito della noia dello stare insieme, del passare altro tempo in uno spazio condiviso e circoscritto. (…) Il panettone scarnificato a morsi bulimici, distrutto e rivomitato insieme alle offese e alle accuse e alle ingiurie è la fotografia di questa famiglia nostrano contemporanea. Le briciole a terra come le lacrime non versate ed adesso incancrenite, la disperazione che si può tagliare a fette. (…) Sono sfatti, depressi, incarogniti, si incolpano delle loro non scelte, della loro condizione attuale. La contrapposizione tra il bianco dei vestiti e la neve che evocano con tutto il nero che hanno dentro. Non c’è salvezza per l’anaffettività. Nessuno si salva da solo. 
Tommaso Chimenti, corrierenazionale.it


La scena, spoglia, fatta quasi solo di due corpi incomunicanti, si apre e si chiude in uno stato di distacco, in una condizione oramai matura di parallelismi. Un Lui più materiale, più infantile, più superficiale si isola nel suo mondo di fantasie erotiche senza possibilità di compimento e si affianca ad una Lei che si dimena in tragici e ironici tentativi di catturare l’attenzione di un uomo che non è più lì, di cui vede il corpo, ma non ne percepisce l’anima. (…) Francesca Macrì e Andrea Trapani mostrano quindi, senza pietà e senza falsi romanticismi, i meccanismi intimi di una coppia analizzandoli con intelligenza e ironia, scrivendo un saggio, delicato e profondo, sull’incomunicabilità. Un richiamo alla necessità di coraggio nel fermarsi quando non c’è più nulla da dirsi. 
Claudia Quaglieri, Recensito


Crudele perchè profondamente vera, la sapiente regia di Francesca Macrì, autrice con Andrea Trapani del testo, racconta l’incastro logorante di una coppia. Non possono fare a meno l’uno dell’altra perchè il delirio dell’una alimenta e sostiene la paranoia dell’altro. Profondamente e umanamente infelici, ancestralmente incapaci di vera condivisione, debolmente risucchiati nel vortice di un legame soffocante, deludente, inconsistente, sono due. La loro unione è forte. di una forza disperata e spiazzante, di una furiosa sensualità. 
Valentina Carrabino, Teatroteatro.it


Dello spettacolo diretto da Francesca Macrì per l’azione di Andrea Trapani e Aida Talliente hanno parlato a fonde altre righe, che sono andate a fotografarne sia la potenza estetica e metodologica, sia soprattutto il fastidio odioso e viscerale che ti prende allo stomaco, ascoltando quei corpi contrarsi dentro una materia cui sembrano non appartenere mai. (…) In scena un uomo e una donna immersi in un’azione continua, alle prese con l’invecchiare dei pochi oggetti in scena. Tutto è estremamente “messo in scena”. Eppure c’è un virus che buca la quarta parete. Improvvisamente delle parole che senti non ascolti più il significato perchè quello sta tutto nel diaframma che trema per emettere suoni. È quello dell’attore, ma è anche il tuo. Se stringi il braccio di chi ti sta accanto non è davvero per stupirti, a voce sussurrata, di quanto siano bravi i due sul palco, quanto per evitare che quel conato di vomito si esprima in un silenzio totalmente imbarazzato, quell’attorcigliarsi delle viscere che ti lascerebbe lì, al gelo della tua condizione di spettatore. 
Sergio Lo Gatto, TeatroeCritica


La regista Francesca Macrì e gli attori in scena realizzano un lavoro curato fino all’ultimo dettaglio, pieno di sfumature che rendono Porco mondo uno scrigno di una manifattura preziosa, che inchioda alla sedia, fa ridere, stupisce e disturba per un logoramento lascivo, non portando a soluzione, ma ad una morte interiore, lenta che si chiude con un’immagine dolorosa, struggente, di una sconfitta che assorbe l’uomo. 
Carlotta Tringali, Il tamburo di Kattrin


D’amore e di altre iniquità parla Porco Mondo: fotografia di uno spaccato umano in terra di Brianza, tra piccole perversioni e agghiaccianti abitudini, di una coppia all’ennesimo scontro, svelata in flagranza di autodistruzione. Lei mogliettina sopra le righe, a imitar Marylin per salvare il salvabile; lui che sfoga in una pedofilia web la sua noia. In un crescendo di grottesco, Porco Mondo, della giovane compagnia Biancofango, evoca le marginalità metropolitane care a Danio Manfredini, ingobbite da una vita che scorre inesorabile. Bravissimi, in scena Aida Talliente e Andrea Trapani, diretti con mano sicura da Francesca Macrì. 
Andrea Porcheddu, Linkiesta